Progetto PAN2 – Informare, convivere e prevenire. Selvatici Agricoltura ed Allevamento
Progetto PAN Abruzzo 2 – Contrasto alle predazioni e tutela di allevatori e coltivatori nella riserva borsacchio e nei territori limitrofi.
Svolgimento progetto:
Quadro generale
La riserva Regionale Borsacchio, nel comune di Roseto degli Abruzzi, è stata istituita nel 2005 ma, all’oggi è priva di PAN, gestione. Le attività svolte sono prettamente legate al volontariato ed all’autofinanziamento ed in gran parte svolte dall’associazione scrivente.
Tale situazione, unita al perdurare delle norme transitorie , sta creando un clima di odio verso il futuro e la sostenibilità. Obbiettivi chiave della Provincia e dell’intera Europa.
Nei mesi scorsi diversi allevatori sono stati colpiti da lupi e da ungulati .
Nel 2020 abbiamo lanciato uno studio preliminare ed elaborato un report per avere il primo quadro della situazione.
Progetto, patrocinato da Regione, Provincia di Teramo e Comune disponibili al sito:
LUOGO: Riserva Borsacchio ed aree limitrofe
Finalità:
Fornire ad allevatori ed agricoltori informazioni utili per convivere con i selvatici. Fornire strumenti pratici ed attrezzature per la protezione sul modello della Riserva dei Calanchi di Atri.
Metodologia
Le Guide del Borsacchio forniranno supporto logistico e volontari per i monitoraggi e la direzione tecnica e scientifica sarà affidata ai professionisti del PWE e CSEBA che vantano ottimi risultati per simile progetto ad Atri e in diversi comuni della Provincia di Teramo.
Progetto PAN Abruzzo 2 – contrasto alle predazioni
Progetto definitivo per le attività di ricerca e intervento nell’area protetta del Borsacchio – Roseto degli abruzzi – TE
PROGETTO DI TUTELA DELLA ZOOTECNIA DALLE AGGRESSIONI DA CARNIVORI SELVATICI
(PROGETTO P.A.N.(*) ABRUZZO 2)
(*) PROTEZIONE ALLEVAMENTI e NATURA
PREMESSA
Storicamente la presenza del lupo sul territorio ha innescato una serie di conflitti fra questo e l’uomo. Il lupo, predatore tipico delle aree appenniniche ed oggi diffuso anche molte aree di pianura, da sempre è stato attratto dagli animali domestici a causa della maggiore facilità di predazione rispetto ad un selvatico e, in passato, anche per la scarsità di prede naturali quali cervo e capriolo.
Questo contrasto è alla base della persecuzione nei confronti del predatore e del suo quasi completo sterminio che ha toccato il suo apice più drammatico negli anni ’70 del secolo scorso.
Dopo i decreti di protezione legale del lupo, la specie ha ripreso, pian piano, a ricolonizzare la penisola, partendo dai nuclei storici relitti che ancora sopravvivevano.
Nel frattempo, nelle aree ove il lupo era scomparso, si perdevano man mano le abitudini alla tutela degli animali domestici, passando quindi dalla presenza dei cani da protezione ai cani da guida, del tutto inadatti a fronteggiare una aggressione da parte di un predatore selvatico.
Il ritorno del lupo nei territori in cui si era nel frattempo persa la memoria ha causato una situazione di incertezza e di paura da parte degli allevatori che, impreparati, hanno visto nuovamente manifestarsi una serie di aggressioni agli animali oggetto di allevamento.
D’altra parte, il concomitante enorme sviluppo degli ungulati (verificatosi sostanzialmente nell’ultimo trentennio, con una forte accelerazione negli ultimi anni), ha portato le popolazioni di lupo ad aumentare considerevolmente di numero stimolando il fenomeno dell’erratismo da parte dei giovani in cerca di nuovi territori, con il risultato della colonizzazione di ambiti nuovi, più antropizzati, in cui gli ungulati sono ancora assenti o meno presenti e quindi stimolando le predazioni sugli allevamenti.
A questo punto occorre fare una sintesi delle motivazioni che hanno causa la ripresa delle popolazioni di lupo e della sua attuale espansione.
Negli anni ’70, a causa della spietata persecuzione, il predatore era quasi scomparso dal territorio italiano, potendosi contare su poco più di un paio di centinaia di esemplari (censimenti Gruppo Lupo Italia). Dopo la metà degli anni ’70, con i decreti di protezione del lupo, finì la persecuzione “ufficiale e legalizzata” del predatore, pur continuando, localmente, a praticare la sua caccia e l’abbattimento con i più disparati sistemi.
La diminuzione della pressione sul lupo, comunque, causò un inizio di ripresa delle popolazioni che, comunque, rimanevano confinate negli ambiti più interni della penisola.
In quel periodo l’alimentazione del predatore si basava sui relativamente pochi esemplari di ungulai presenti sul territorio e una importante integrazione alimentare èra costituita dalle innumerevoli discariche e, naturalmente, sulle predazioni ai domestici.
Il successivo incremento delle popolazioni degli ungulati (cinghiale in primo luogo e cervo e capriolo) fornì un consistente aumento delle possibilità di alimentazione dei vari nuclei di lupo presenti. Il successo riproduttivo del predatore comunque si manteneva basso, potendosi accertare una notevole mortalità infantile.
Nel frattempo si registrava una progressiva chiusura delle discariche (anni ’80) e un increento delle predazioni in alcuni contesti.
C’è da annotare che, nel frattempo, in un arco piuttosto lungo di anni, la scomparsa del lupo dalla maggior parte dei contesti aveva fatto perdere la familiarità con la specie e si erano perse inoltre le tecniche di salvaguardia degli allevamenti dalle predazioni (i mastini abruzzesi sostituiti con cani da guida, minore cura nella realizzazione dei recinti, scarso controllo delle greggi, ecc.).
Negli ultimi 20 anni si è assistito al duna forte crescita degli ungulati che sono giunti sino alle aree collinari e pedecollinari e, per quelli a maggiore adattabilità come il cinghiale, fino alle periferie urbane e, successivamente anche nei centri urbani.
Le motivazioni per cui un selvatico accede ai centri urbani, a stretto contatto con l’uomo, sono molteplici ma una su tutte va evidenziata: la possibilità di rinvenire cibo facilmente nella spazzatura presente nelle città e alle periferie.
La presenza in un contesto di una potenziale preda attira naturalmente i predatori.
La forte espansione del lupo ha fatto sì che il suo areale aumentasse e gli spostamenti sono avvenuti per la maggior parte al seguito delle potenziali prede, non tralasciando, comunque, che anche per i predatori la presenza di immondizie (soprattutto la frazione umida) rappresenta una facile risorsa alimentare alla quale possono accedere anche esemplari debilitati e/o malati sottraendosi quindi alla selezione naturale e contribuendo quindi ad incrementare la popolazione.
Senza mettere in dubbio l’utilità dei predatori nel controllo delle popolazioni di prede, appare impensabile che il lupo, nella situazione odierna, possa contenere l’espansione degli ungulati, ma la grande disponibilità di alimenti costituita da questi ultimi stimola un tasso riproduttivo elevato nel lupo.
Si assiste quindi ad una colonizzazione significativa del predatore ormai di quasi tutto il territorio italiano. I primi a farne le spese, soprattutto nelle aree di scarsa presenza di prede selvatiche, sono le aziende zootecniche che si ritrovano a dover subire la pressione del lupo senza, peraltro, avere più conoscenza dei metodi antipredatorii efficaci conosciuti da chi, con il lupo, ha continuato a convivere laddove esso è riuscito a resistere nel tempo.
Accanto al problema “lupo”, occorre comunque citare la presenza di cani vaganti, spesso inselvatichiti, che contribuiscono alle redazioni sui domestici.
Appare quindi prioritaria la necessità di fornire agli allevatori una serie di strumenti e pratiche efficaci per contrastare le predazioni, senza peraltro incidere sulle popolazioni dei predatori che, si ricorda, da un punto di vista ecologico sono indispensabili per il governo dell’equilibrio degli ambienti.
Allo scopo di fornire alle aziende zootecniche ausilio e buone pratiche per la tutela dai carnivori selvatici e inselvatichiti, si propone il presente progetto comprendente cinque punti focali imprescindibili:
—formazione degli operatori zootecnici sui metodi di difesa dalle predazioni
—informazione ai portatori di interesse, alle scuole ed alla opinione pubblica
—assistenza alle aziende che ne facciano richiesta motivata da reali esigenze
—manuale di buone pratiche per gli allevatori con le strategie fondamentali per contrastare le predazioni da carnivori
—dimostrazioni dell’efficacia dei metodi prescelti in una azienda pilota.
A questi punti appare opportuno aggiungerne un altro:
–bonifica del territorio oggetto dell’intervento dalle discariche abusive che costituiscono un ulteriore elementi attrattore per i predatori fornendo cibo pronto all’uso senza il dispendio di energie legato alle predazioni.
A queste necessità si ritiene utile aggiungere quella della riscoperta dei cani “da pecora” frutto di una millenaria selezione e che vedono la loro efficacia antipredatoria fondarsi su un concetto particolare di “territorio”: non uno spazio fisico, come succede per la maggior parte dei mammiferi, ma lo stesso gregge. Il cane si identifica con esso e lo difende da ogni aggressione.
I PRESUPPOSTI E LE MOTIVAZIONI DEL PROGETTO
Stando a quanto detto in precedenza, si rilevano una serie di motivazioni sull’opportunità di portare avanti un progetto consistente nell’applicazione di una serie di buone pratiche, basate su rigorosa sperimentazione scientifica e su esperienze ormai pluriennali, da mettere a disposizione degli allevatori a tutela delle loro aziende e delle attività.
I momenti in cui un allevamento è esposto ad attacchi e predazioni da parte dei carnivori (segnatamente, nelle zone di interesse, lupo e cane randagio/inselvatichito) sono due: il pascolo e la stabulazione notturna in recinti all’aperto o comunque non sufficientemente efficaci.
Una serie di osservazioni condotte ormai da diversi anni nel territorio teramano (Gallizia 2018) e quello, tutt’ora in corso in collaborazione con il Dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università degli studi di Bari, nel territorio dei comuni di Martinafranca e Crispiano ha permesso di verificare come l’adozione di cani della razza “mastino abruzzese” e di recinti elettrificati abbia ridotto, fino ad azzerarli, gli attacchi agli animali allevati da parte di cane inselvatichito e lupo, anche in assenza del pastore.
Partendo da questi risultati e in considerazione del fatto che la diffusione del lupo ha generato negli allevatori, ma non solo, un generale senso di insicurezza e che si sono verificate e si consolidano una serie di reazioni estremamente negative, appare ragionevole pensare che fosse possibile l’applicazione dei protocolli, ormai sperimentati con successo in altre zone, volti a fornire agli allevatori in primis e al resto della popolazione, una serie di informazioni corrette sulla possibilità di gestione del fenomeno.
In effetti, oltre alla perdita di abitudine a contrastare le predazioni da parte del lupo, il problema si è esteso dagli allevatori ad altre categorie, anche a causa di notizie travisate, amplificate e strumentali divulgate dalla stampa. È nata e si è quindi diffusa una psicosi della “presenza del lupo” che ha contagiato, con motivazioni diverse, cacciatori, cercatori di funghi, escursionisti, abitanti di zone rurali.
Di fronte al silenzio ufficiale della scienza e alle mancate risposte delle Amministrazioni pubbliche (queste ultime derivanti dalla mancanza di comunicazione chiara da parte degli studiosi), ognuno ha creduto bene di alimentare le proprie fobie, in alcuni casi con un fine utilitaristico.
Il problema si è incentrato sul lupo tralasciando il ben grave e consistente problema dei cani vaganti, in alcuni casi ormai inselvatichiti e molto più numerosi ed aggressivi del predatore selvatico, al quale, comunque, vengono attribuite tutte le colpe.
A titolo di esemplificazione, si riportano una serie di elementi che dovrebbero far riflettere abbondantemente chi ha il peso dell’amministrazione della cosa pubblica.
A fronte di una esponenziale crescita del numero degli ungulati, il fronte venatorio e gli organi di stampa premono per il controllo numerico del lupo, per una supposta distruzione degli stessi ungulati da parte di questo, cavalcando l’onda delle proteste degli allevatori ed aggiungendo combustibile al fuoco.
Sotto un altro aspetto, per le notizie gonfiate da parte della stampa in cerca di sensazionalismi, la psicosi del lupo-mangiauomini ha contagiato i raccoglitori di funghi che affermano di temere di andare a esplicare la loro attività per paura di essere aggrediti dal famelico predatore.
E al coro si aggiungono gli escursionisti alcuni dei quali, per fortuna al momento pochi, affermano di voler andare a fare trekking in natura armati per difendersi agli attacchi.
Si conclude questa breve carrellata con le paure di abitanti di borghi rurali i quali lamentano di non poter far giocare i propri figli all’aperto per paura che vengano aggrediti e mangiati dai lupi.
Di fronte a queste affermazioni e a questo stato d’animo, a parte le reazioni di alcune associazioni ambientaliste/animaliste che puntano sulla intoccabilità del lupo in quanto protetto (talvolta suscitando vere e proprie reazioni inconsulte quali uccisioni ed esposizione in pubblico di esemplari di lupo) non si è registrato alcun intervento ufficiale della scienza se non in convegni ai quali, è noto, partecipano quasi esclusivamente addetti ai lavori o appassionati che non hanno certo il bisogno di essere convinti.
Appare quindi fondamentale che le aziende zootecniche ricevano una seria informazione ed una qualificata assistenza che permetta loro di tutelare gli animali allevati e, di conseguenza, il reddito degli operatori del settore.
La messa a disposizione degli allevatori delle buone pratiche già sperimentate in contesti simili può costituire un insostituibile aiuto nel contrasto delle predazioni da lupo e da cane vagante.
Contestualmente, la stessa buona e corretta informazione rivolta al vasto pubblico permetterebbe di abbattere quello stato di psicosi eliminando in primo luogo alcune leggende metropolitane di cui, per pura curiosità, si riporta una breve sintesi.
—i lupi sono stati reintrodotti dagli ambientalisti (falso: in nessun caso è stata fatta reintroduzione di lupi. Al massimo, in rari casi sono stati rimessi in libertà lupi precedentemente catturati a scopo di cure sanitarie)
—i lupi aggrediscono l’uomo (falso: il lupo fugge l’uomo e, in casi molto particolari, trovandosi senza vie di fuga, si difende. Le ultime aggressioni da parte di lupi all’uomo risalgono al 1700, quando bambini in tenera età venivano mandati a controllare le greggi al pascolo)
—i lupi prediligono gli animali domestici a quelli selvatici (falso: con buona disponibilità di prede selvatiche il lupo preferisce queste, non essendo propenso ad avvicinarsi all’uomo. Vero è, invece, che in caso di forte disturbo quale incendi boschivi, cantieri forestali, ecc., gli esemplari in dispersione per la paura giungono in zone non conosciute, non idonee e predano ciò che capita, compresi i domestici)
—i lupi stanno conquistando gli spazi urbani (in alcuni casi il lupo si avvicina agli ambiti urbani, da buon opportunista, ma in particolari casi e non con intenti aggressivi).
–i lupi si avvicinano all’uomo per mangiare i cani padronali (falso: il cane si avvicina all’uomo perché trova cibo). A questo riguardo occorre citare i casi di lupi confidenti che mangiavano nelle ciotole i croccantini messi a disposizione, occorre citare il fatto che le periferie urbane (e non solo) sono spesso trasformate in discariche con scarti di macellazione e animali morti smaltiti illegalmente, occorre infine citare il fatto che la fauna selvatica inurbata, per legge naturale, attrae i predatori.
Per quel che riguarda le predazioni sui cani padronali si tratta i episodi in cui il cane, ormai geneticamente manipolato per assecondare i capricci umani, ha perso del tutto quegli atteggiamenti pacificatori che inibiscono l’aggressività del predatore per cui l’attacco e l’uccisione sono quasi inevitabili.
L’IDEA PROGETTUALE
Partendo da quanto si sta realizzando nell’area teramana (Oasi Calanchi di Atri) e in Puglia, il progetto prende in considerazione la possibilità di sperimentare le strategie di tutela degli allevamenti dalla predazione di canidi selvatici (Canis lupus italicus) e inselvatichiti/randagi (Canis familiaris) in un’area critica protetta dell’Abruzzo (riserva naturale del Borsacchio) ove la presenza del lupo è accertata ormai da alcuni anni e dove ultimamente si sono registrate predazioni ad animali allevati.
L’idea progettuale prevede una serie di attività di informazione e sensibilizzazione, l’assistenza in caso di bisogno e, per una azienda che sia disponibile alla sperimentazione, la fornitura di progetti di risistemazione dei recinti, di fornitura di materiali specifici (elettrificatori per le recinzioni), eventuali cani di razza mastino abruzzese (altrimenti denominato “cane da pecora abruzzese”) provenienti da allevamenti pastorali del territorio regionale (e quindi già abituati da piccoli al contatto con gli animali) che già collaborano da tempo a queste attività.
Organizzazione del progetto
Le attività verranno portate avanti attraverso una serie di fasi così come appresso descritto:
prima fase
gli interventi di tutela si sviluppano secondo una prassi consolidata:
–formazione degli operatori zootecnici sulle strategie antipredatorie con contemporanea istruzione degli operatori sulla gestione ottimale delle misura antipredazione realizzate (gestione dei cani, manutenzione dei recinti elettrificati, gestione del pascolo, ecc.), riportando le esperienze già maturate.
–realizzazione di eventi di presentazione del progetto, rivolti in primo luogo ad allevatori, associazioni di categoria, amministrazioni pubbliche.
–informazione rivolta alle scuole ed al pubblico sulle strategie di convivenza con i predatori e sui metodi più efficaci di contrasto alle predazioni
–diffusione di comunicati stampa e interventi sui mezzi di comunicazione visiva contenenti corrette informazioni sul problema costituito dalla presenza di predatori (selvatici ed inselvatichiti) nei contesti zootecnici
–messa a disposizione delle aziende del comprensorio interessato di contatti (telefono e/o e-mail) con gli esperti coinvolti nel progetto, per un primo approccio o per richieste di interventi (sportello informativo.
–individuazione, selezione e tipizzazione dell’azienda pilota
–realizzazione dell’intervento (recinti elettrificati, uso dei cani, ecc.)
–classificazione, sulla scorta delle informazioni disponibili e di eventuali sopralluoghi, delle aziende secondo un codice che indichi in modo immediato il livello di rischio delle aree in cui sono inserite (rosso: area con presenza stabile del lupo e/o cane vagante ed alta possibilità di predazione; giallo: aree con presenza saltuaria del lupo e/o cane vagante e possibilità di predazioni; verde: aree con presenza sporadica dei predatori suddetti e scarsa possibilità di predazioni). Tale classificazione si concretizza nella priorità degli interventi.
— inquadramento delle aziende in quanto a:
–tipologia di allevamento
–numero di capi allevati
–registrazioni delle predazioni avvenute in passato e descrizione delle stesse
- B.: la redazione della carta di rischio predazione, da aggiornarsi periodicamente a seconda dell’evoluzione della situazione, costituisce un indispensabile strumento di gestione del fenomeno e di organizzazione degli interventi. Tale strumento permette all’Amministrazione Regionale di programmare gli interventi e di abbattere i tentativi di richiesta di rimborsi illeciti.
Seconda fase:
—verifica periodica dei risultati dell’intervento attraverso il monitoraggio dell’azienda pilota, con interventi correttivi qualora necessari. Messa a disposizione dei portatori di interesse delle informazioni e dei risultati delle azioni di tutela.
—pubblicazione dei risultati
—esportazione delle pratiche sperimentate in altri contesti regionali.
NB: tutte le azioni sommariamente descritte, per avere validità incontestabile, dovranno essere monitorate per più anni e riproposte con il tempo in altre aziende, soprattutto in quelle a maggiore rischio predazione.
RISULTATI ATTESI
I risultati che si attendono da questo progetto sono, in prima istanza, quelli di una riduzione delle predazioni agli allevamenti e, in un tempo medio, la loro cessazione.
Non si può escludere a priori che, al pascolo, non vi siano ancora tentativi di predazione che talvolta potrebbero avere successo. Nelle esperienze maturate in altri contesti si è avuta, nel breve periodo, la quasi totale scomparsa degli attacchi agli animali domestici, fatti salvi, in poche occasioni, l’attacco alle greggi da parte di branchi di cani inselvatichiti numerosi e di grossa taglia.
Di seguito si sintetizzano i risultati attesi dalla realizzazione del progetto:
–abbattimento delle predazioni a danno delle aziende zootecniche da parte del lupo e del cane randagio/inselvatichito
–Divulgazione di una corretta informazione che permetta una serena gestione del fenomeno.
–Ottenimento di una cooperazione e collaborazione fra allevatori e fra allevatori e ricercatori che collaborino ad un continuo aggiornamento delle situazioni nei vari contesti. In tal senso, la creazione dello sportello informativo costituisce un punto essenziale.
–redazione di un manuale di buone pratiche per la tutela degli allevamenti dalle predazioni da parte di carnivori selvatici. Unitamente ad una informazione rivolta alle associazioni degli allevatori e a incontri con gli operatori del settore, la diffusione di un manuale di buone pratiche a cui fare riferimento appare una soluzione adeguata per ottenere, attraverso la sua consultazione, un aggiornamento continuo degli stessi operatori.
–formazione degli allevatori sulle pratiche di tutela degli allevamenti e della buona condotta dei cani da protezione e delle strutture di protezione. Appare opportuno che all’interno di ogni azienda zootecnica vi sia almeno un operatore formato ed esperto nella tutela dell’allevamento dalle predazioni. Si è notato infatti che in molti contesti la conduzione degli animali viene affidata, dal proprietario, a personale non qualificato, scelto per lo più in base a un basso costo, impreparato ad affrontare situazioni di emergenza/urgenza. Tale personale deve essere formato allo scopo di ottimizzarne l’efficacia migliorando collateralmente la qualità di vita degli animali.
–divulgazione dei risultati ottenuti presso le associazioni allevatori e attraverso una serie di eventi da programmare successivamente.
IL TERRITORIO COINVOLTO
Il territorio coinvolto dal progetto è un’area costiera e basso collinare caratterizzata da una importante attività agricola e in cui gli ambiti naturali sono ridotti a delle vallate strette scavate da corsi d’acqua e colonizzati da vegetazione arborea ed arbustiva.
L’immagine satellitare mostra il territorio in cui è inserita la riserva naturale del Borsacchio.
Come si può rilevare l’ambiente è costituito essenzialmente da aree coltivate a seminativo e percorse, perpendicolarmente alla costa, da alcuni corsi d’acqua che hanno scavato il substrato morbido creando dei valloni dai lati troppo acclivi per poter essere coltivati e quindi colonizzati da vegetazione erbacea, arbustiva e arborea che si alternano e si compenetrano.
I valloni menzionati costituiscono importanti corridoi ecologici che partono dalla fascia costiera, ove insiste l’importantissima rotta migratoria adriatica, e collegano questa con l’interno.
Tali corridoi son fondamentali per l’avifauna migratoria che attraverso essi si disperde nell’interno, ma costituiscono anche direttrici preferenziali di spostamento della fauna terrestre a maggiore mobilità come la teriofauna.
Fra i mammiferi, alcune specie hanno da tempo iniziato a percorrere queste direttrici e fra esse il lupo. Questo carnivoro sta vivendo un periodo di espansione a causa delle condizioni favorevoli che si sono verificate sul territorio italiano e che in parte sono state già state menzionate.
Tali torrenti offrono sicuramente riparo, attraverso la vegetazione, ma anche punti di abbeverata, questi ultimi insieme a una serie di riserve artificiali di acqua a servizio dell’agricoltura.
Il territorio in oggetto è interessato dalla presenza di un’area protetta: la riserva naturale del Borsacchio la cui delimitazione è raffigurata nella successiva immagine estratta, con autorizzazione del responsabile, dal sito delle Guide del Borsacchio.
L’area protetta è di pertinenza del Comune di Roseto degli Abruzzi che si avvale dell’opera delle Guide del Borsacchio per il controllo e una gestione ordinaria.
METODI, ATTREZZATURE E MEZZI
Metodi
La principale attività contemplata nel progetto è l’intervento di tutela delle aziende e la formazione degli operatori zootecnici. In subordine viene espletata l’attività di divulgazione/informazione sia attraverso eventi sia attraverso mezzi di comunicazione.
Durante le attività principali del progetto si condurranno osservazioni sul contesto locale e sull’ambiente secondo le specifiche appresso riportate:
Il metodo principale che verrà utilizzato consisterà nell’osservazione diretta da parte dei ricercatori.
Tali osservazioni, condotte da punti privilegiati, verranno concentrate soprattutto nelle ore di maggiore criticità, vale a dire al crepuscolo e alle primissime ore del mattino.
Tale sistema verrà integrato da osservazioni indirette attraverso l’uso di videofototrappole in funzione H24.
In caso di eventi, non appena possibile, verranno condotte azioni di controllo per il rilevamento di eventuali tracce.
Poiché uno degli obiettivi che si intende raggiungere è la certificazione dell’efficacia del mastino (pastore) abruzzese come deterrente contro le predazioni, le osservazioni indirette tenderanno a registrare immagini relative a movimenti e comportamento dei cani in presenza e in assenza di potenziali predatori.
Verranno restituiti su GIS tutti i tracciati dei movimenti dei cani e di eventuali predatori al fine di avere un quadro completo delle dinamiche.
I controllo giornaliero delle video-fototrappole e lo scaricamento delle immagini permetteranno di avere costantemente sotto controllo la situazione.
In periodo opportuno, autunno e inverno soprattutto, verranno effettuate delle indagini sula reale presenza del lupo e sulla sua consistenza numerica attraverso le normali pratiche della ricerca naturalistica, vale a dire wolf-howling, ricerca di tracce sul territorio, transetti diurni e notturni, questi ultimi con l’ausilio di fari di profondità portatili, in caso di neve con la tecnica della ricerca di piste e impronte su neve.
Tali indagini collaterali serviranno alla definizione di eventuali percorsi preferenziali di spostamento del lupo e di cani randagi/inselvatichiti e alla migliore definizione della “criticità predazione” delle aziende interessate e delle aziende di confronto.
Attraverso l’osservazione diretta e indiretta si individueranno inoltre i siti riproduttivi e le eventuali zone di stazionamento stagionali.
L’indagine estesa anche su altra fauna predabile del territorio permetterà inoltre di definire le potenzialità trofiche dello stesso per i predatori al fine di valutare quali alternative esistono oltre gli animali allevati.
Attività previste
Il progetto si articola per attività, alcune contemporanee, altre propedeutiche a quelle successive.
Tale successione verrà illustrata nel crono programma.
–acquisizione dei materiali per l’espletamento del progetto
–formazione/aggiornamento dei ricercatori e dei collaboratori con la descrizione delle fasi e degli obbiettivi del progetto.
–accordi con l’azienda pilota
–accordi con le aziende di confronto
–preliminare osservazione del territorio e comprensione delle dinamiche in esso presenti con particolare attenzione per il lupo (accertamento della consistenza delle popolazioni) e del cane randagio/vagante, con censimento degli esemplari individuati.
–comprensione dell’uso del territorio da parte di cane e lupo.
–accertamento delle potenzialità trofiche del territorio
–montaggio dei recinti elettrificati in accordo con l’azienda pilota e posizionamento delle video-fototrappole
–formazione degli operatori delle aziende.
–scelta e attrezzaggio dei punti privilegiati di osservazione
–restituzione su GIS dei dati raccolti.
–osservazioni sistematiche degli eventi e registrazione immagini e dati e loro trasferimento su supporto informatico atto alla loro successiva elaborazione
–realizzazione dell’evento di apertura con presentazione del progetto alla comunità scientifica ed ai portatori di interesse.
–eventuale ciclo di incontri nelle scuole del territorio per illustrare la situazione e fornire informazioni scientificamente corrette e rispondere in modo adeguato a dubbi e perplessità.
–elaborazione dei dati raccolti e loro interpretazione
–realizzazione dell’evento di chiusura con presentazione dei risultati alla comunità scientifica ed ai portatori di interesse.
–pubblicazione dei risultati
Di seguito si riporta una descrizione delle attività sopra elencate:
azione | descrizione |
acquisizione dei materiali | acquisto dei materiali per il progetto attraverso acquisto diretto o gara. |
formazione/aggiornamento dei collaboratori | formazione degli eventuali collaboratori fornendo le direttive per il corretto svolgimento delle attività. Presentazione ed esplicitazione dei protocolli di ricerca. Illustrazione della struttura e dell’uso corretto degli strumenti e delle schede di archiviazione dei dati. |
accordi con l’azienda pilota | sottoscrizione di un protocollo d’intesa con l’azienda pilota nel quale la stessa si impegnerà alla corretta gestione dei cani e dei recinti affidati in comodato d’uso. Nello stesso protocollo, la direzione scientifica del progetto illustrerà le finalità, le attività, le azioni dei ricercatori. |
comprensione dell’uso del territorio da parte di cane e lupo | i risultati di questa parte dell’indagine permetteranno di avere un quadro dell’uso del territorio da parte dei due predatori in esame, delle aree di particolari attività (riproduzione, rendez vous, eventuali quartieri stagionali, direttrici preferenziali di spostamento, ecc.). l’attività viene svolta contestualmente agli interventi sulle aziende. |
Creazione dello sportello informativo e di consulenza | Punto di ascolto e ricevimento delle richieste di informazione e aiuto delle aziende del territorio |
montaggio dei recinti | comprende la scelta ottimale delle postazioni e la realizzazione dei recinti in modo adeguato sia dal punto di vista della forma sia dal punto di vista delle dimensioni. Viene effettuato in collaborazione con gli operatori dell’azienda e sotto la supervisione della direzione tecnica e scientifica del progetto. |
formazione degli operatori delle aziende | questa sezione del progetto riveste particolare importanza in quanto a “professionalizzazione” degli operatori delle aziende, soprattutto in quanto a conoscenza dei predatori e delle loro abitudini, alla corretta conduzione e alimentazione dei cani, alle precauzioni nel momento del pascolo. |
scelta punti privilegiati di osservazione | a seguito dell’accurata analisi del territorio e del posizionamento delle aziende e dei recinti e delle zone di pascolo, si sceglieranno dei punti sopraelevati ad ampia visibilità, opportuni per un migliore controllo del territorio e per le osservazioni diurne degli eventi. |
restituzione su GIS dei dati | la restituzione dei dati su GIS effettuata in tempo reale consente di poter tempestivamente variare le azioni di controllo e i protocolli di ricerca. Alla fine di ogni sessione giornaliera di ricerca i dati verranno comunicati alla direzione scientifica per gli opportuni controlli e da questa verranno comunicate le opportune eventuali modificazioni delle attività. |
osservazioni sistematiche degli eventi | con questa terminologia si intende una osservazione metodica e continua rispettosa degli orari comunicati preventivamente dalla direzione scientifica e codificati nei protocolli di ricerca. La metodicità appare fondamentale per l’ottenimento di dati certi e credibili e deve essere rigorosamente rispettata. |
realizzazione dell’evento di apertura | nell’evento di apertura si darà notizia dell’inizio ufficiale del progetto e se ne descriveranno le motivazioni, i tempi, i termini, i contenuti e le finalità. È destinato principalmente alla comunità scientifica ed ai portatori di interesse, ma è aperto a tutti quelli che vorranno documentarsi. |
Eventuali ciclo di incontri nelle scuole | una parte fondamentale del progetto è costituita dalla comunicazione e divulgazione. È quindi prevista una serie di incontri nelle scuole di ogni ordine e grado che, d’altro canto, negli intenti ministeriali, hanno l’interesse, se non l’obbligo, di prestare una particolare attenzione al territorio. gli incontri verranno condotti dai ricercatori e potranno aver luogo negli stessi istituti scolastici, previo accordo con i rispettivi dirigenti. |
elaborazione dei dati raccolti | alla fine del primo anno del progetto, tutti i dati raccolti verranno elaborati collegialmente e saranno analizzati ed interpretati, dando quindi origine ad una relazione che verrà destinata alla comunità scientifica, ai portatori di interesse ed alle Amministrazioni pubbliche (Ministero dell’ambiente, Ministero delle politiche agrarie, Regione, Provincia, Comuni). |
realizzazione dell’evento di chiusura | nell’evento di chiusura si illustreranno i risultati del progetto e le eventuali prospettive che potrebbero verificarsi. L’evento è aperto a tutta la popolazione ma i principali destinatari sono le Amministrazioni pubbliche, la Comunità scientifica ed i portatori di interesse. |
Attrezzature
Una parte delle attrezzature e della strumentazione necessarie allo svolgimento del progetto sono già in possesso del Centro Studi per l’Ecologia e la Biodiversità degli Appennini.
Come dotazione indispensabile per la riuscita del progetto stesso si evidenza l’acquisto degli elementi di base, vale a dire esemplari di Mastino abruzzese e di recinzioni elettrificate.
Di seguito si riporta l’elenco dei materiali, il numero, il costo unitario ed il totale, senza e con IVA.
ATTREZZATURE E STRUMENTI | |||||||
tipo | n° | costo unit | tot | IVA |
| TOT | |
fari lunga portata led maggiore 1000 lumen, illuminazione di profondità ricaricabili | 2 | 250,00 | 500,00 | 110,00 | 610,00 | ||
cucciolo di mastino abruzzese 3 mesi | 3 | 200,00 | 600,00 | 132,00 | 732,00 | ||
recinzione elettrificata moduli da 200 m, + 1 elettrificatore +1 batteria | 4 | 600,00 | 2400,00 | 528,00 | 2928,00 | ||
materiali di consumo (buste pastica, guanti lattice, mascherine, cartellini adesivi, pennarelli indelebili, ecc. | 200,00 | 44,00 | 244,00 |
Oltre al materiale elencato, da acquisire al fine della ricerca, il Centro Studi per l’Ecologia e la Biodiversità degli Appennini utilizzerà mezzi e attrezzature già a sua disposizione quali un laboratorio mobile su mezzo fuoristrada IVECO VM90, supporto logistico, laddove necessario con camper Ducato con 5 posti letto, macchine fotografiche pentax con obiettivi 135-400 mm, 1000 mm catadriottico e 1300 mm lunga focale, 110 mm macro, attrezzatura di emissione per wolf bowling, binocoli video-fototrappole e visore notturno.
Di seguito si specifica l’uso dei materiali da acquisire.
ATTREZZATURE E STRUMENTI | ATTIVITA’ |
fari lunga portata led maggiore 1000 lumen, illuminazione di profondità ricaricabili | per osservazioni notturne dirette, anche a distanza, durante transetti e da postazioni fisse di osservazione. |
subadulti mastino abruzzese 10/12 mesi | da concedere in comodato agli allevatori delle due aziende pilota e da addestrare, affiancati agli adulti, per la tutela degli allevamenti |
recinzione elettrificata moduli da 200 m, + 1 elettrificatore +1 batteria | realizzazione di recinti elettrificati per la custodia notturna delle greggi |
materiali di consumo (buste plastica, guanti lattice, mascherine, cartellini adesivi, pennarelli indelebili, ecc. | varie attività, dal prelievo di campioni biologici ad ulteriori eventualità che dovessero verificarsi durante le attività del progetto. |
FIGURE PROFESSIONALI COINVOLTE
Il progetto prevede il coinvolgimento di figure professionali ricadenti nell’ambito delle scienze naturali e della Medicina Veterinaria oltre che, per le proprie competenze, di laureati in tutela e benessere animale.
In particolare sono contemplate le seguenti professionalità:
–Zoologo senior, per il coordinamento delle varie fasi sul campo del progetto e l’interpreazione dei dati ambientali e comportamentali degli animali oggetto delle osservazioni. È inoltre responsabile della stesura delle relazioni finali.
–Zoologi junior come supporto alla figura precedente.
–è prevista la figura di direttore scientifico, per il coordinamento di tutte le attività sia di rilevamento sia di analisi e restituzione cartografica dei dati. È impegnato anche nella stesura della relazione finale e delle eventuali pubblicazioni.
STRUTTURE COINVOLTE
Oltre alle due aziende che verranno coinvolte direttamente nel progetto, si intende coinvolgere in una collaborazione stretta le seguenti strutture:
–Guide del Borsacchio
–Centro Studi per l’Ecologia e la Biodiversità degli Appennini
–Comune di Roseto degli Abruzzi
–Provincia di Teramo
–Regione Abruzzo
–Associazioni di allevatori
–eventuali Associazioni ambientalistiche locali che volessero contribuire alle attività di progetto
–Guide del Borsacchio
Titolari del progetto redatto in collaborazione con il Centro Studi per l’Ecologia e la Biodiversità degli Appennini
–Centro Studi per l’Ecologia e la Biodiversità degli Appennini attraverso il suo nucleo operativo “Project Wolf Ethology”
Attraverso il suo nucleo operativo “Project Wolf Ethology” con apposita convenzione di collaborazione verrà reso responsabile di tutte le attività operative e scientifiche.
–Regione Abruzzo
Quale ente gestore del territorio regionale è il destinatario finale dei risultati derivanti dalle attività
–Provincia di Teramo
È il finanziatore del progetto ed il destinatario delle relazioni e dei risultati.
–Comune di Roseto degli Abruzzi
È il gestore dell’area protetta ed è il primo destinatario dei risultati. Ha inoltre funzione di controllo nell’espletamento delle attività.
–Associazioni di allevatori
Fornisce informazioni sulle aziende zootecniche del territorio per i confronti e le statistiche sulle predazioni. È destinataria dei risultati delle attività garantendone la corretta divulgazione presso le aziende zootecniche del territorio.
–eventuali Associazioni Ambientalistiche locali
Partecipano alle varie fasi del progetto fornendo volontari che il Centro Studi per l’Ecologia e la Biodiversità degli Appennini si impegna a formare e coordinare.
Tutte le strutture che vengono coinvolte nel progetto ne seguiranno gli sviluppi costantemente attraverso riunioni periodiche durante le quali potranno esprimere suggerimenti e perplessità contribuendo in tal modo alla migliore riuscita del progetto.
COSTI
I costi vanno suddivisi a seconda delle attività in cui è articolato il progetto:
–costi per la realizzazione del progetto:
costi recinzioni e recinzioni elettriche
costi per acquisto dei cani
costi per illuminazione eventuale dei recinti
costi per i ricercatori e i tecnici (compensi e rimborsi spese)
–costi per le manifestazioni e l’informazione:
-spese per manifesti e locandine
-spese eventuali per affitto sale per riunioni e convegni
-spese per materiali informativi
–Rimborsi spese
QUADRO ECONOMICO
ATTREZZATURE E STRUMENTI | |||||||
tipo | n° | costo unit | tot | IVA |
| TOT | |
fari lunga portata led maggiore 1000 lumen, illuminazione di profondità ricaricabili | 2 | 250,00 | 500,00 | 110,00 | 610,00 | ||
cucciolo di mastino abruzzese 3 mesi | 3 | 200,00 | 600,00 | 132,00 | 732,00 | ||
recinzione elettrificata moduli da 200 m, + 1 elettrificatore +1 batteria | 4 | 600,00 | 2400,00 | 528,00 | 2928,00 | ||
materiali di consumo (buste plastica, guanti lattice, mascherine, cartellini adesivi, pennarelli indelebili, ecc. | 200,00 | 44,00 | 244,00 | ||||
4514,00 | |||||||
COMPENSI * | |||||||
professionista | n° | €/ora | n.ore | tot | IVA | TOTALE | |
direzione scientifica | 1 | 2000,00 | 440,00 | 2440,00 | |||
zoologo senior | 1 | 35,00 | 200,00 | 7000,00 | 1540,00 | 8540,00 | |
zoologo junior | 3 | 20,00 | 100,00 | 6000,00 | 1320,00 | 7320,00 | |
18300,00 | |||||||
SPESE VARIE | |||||||
tipologia | |||||||
carburanti | 1000,00 | 1000,00 | |||||
assicurazione ricercatori | 250,00 | 250,00 | |||||
rimborsi spese | 3500,00 | 1500,00 | |||||
evento di presentazione | 1000,00 | 1000,00 | |||||
evento di chiusura | 1000,00 | 1000,00 | |||||
4750,00 | |||||||
TOTALE | 27564,00 | ||||||
PROGETTAZIONE | 1929,48 | ||||||
TOTALE GENERALE | 29493,48 | ||||||
arrotondamento | 29000,00 | ||||||
note: | |||||||
* per i ricercatori con impegno assiduo e continuato nel progetto è previsto un contratto di collaborazione occasionale |
TEMPI DI ATTUAZIONE
Dal momento dell’accettazione del presente progetto si ritiene di poter dare immediata esecuzione alle attività.
Queste saranno scandite sia dall’acquisizione dei materiali in elenco e indispensabili alla buona riuscita del progetto, sia dai tempi di realizzazione delle attività nelle due aziende pilota, sia, in ultimo, dalle richieste di intervento delle aziende zootecniche del territorio.
Al momento si ritiene di prolungare le attività per un anno al fine di attuare tutte le verifiche del caso.
CRONOPROGRAMMA
azione | 1 mese | 2 mese | 3 mese | 4 mese | 5 mese | 6 mese | 7 mese | 8 mese | 9 mese | 10 mese | 11 mese | 12 mese |
acquisizione dei materiali | ||||||||||||
formazione/aggiornamento dei ricercatori e dei collaboratori | ||||||||||||
accordi con l’aziende pilota | ||||||||||||
comprensione dell’uso del territorio da parte di cane e lupo | ||||||||||||
montaggio dei recinti | ||||||||||||
formazione degli operatori delle aziende | ||||||||||||
creazione dello sportello informativo e di consulenza | ||||||||||||
scelta punti privilegiati | ||||||||||||
restituzione su GIS dei dati | ||||||||||||
osservazioni sistematiche degli eventi | ||||||||||||
realizzazione dell’evento di apertura | ||||||||||||
ciclo di incontri nelle scuole (*) | ||||||||||||
elaborazione dei dati raccolti | ||||||||||||
realizzazione dell’evento di chiusura | ||||||||||||
pubblicazione dei risultati | ||||||||||||
(*)compatibilmente con l’anno scolastico |
PROGETTO “PAN-ABRUZZO 2”
PIANO DELLA SICUREZZA INDIVIDUALE DEI RICERCATORI E COLLABORATORI.
- NORME TASSATIVE
–La sicurezza degli operatori deve essere messa in primo piano e domina su qualsiasi altra necessità e/o opportunità.
I RICERCATORI E I COLLABORATORI dovranno attenersi rigorosamente alle norme di sicurezza e prudenza sotto elencate:
>in ogni suo spostamento il gruppo di ricerca dovrà avere a portata di mano una borsa di pronto soccorso contenente disinfettanti, garze sterili, bende, laccio emostatico, telini isotermici, forbici, almeno un paio di pinze sterili e quant’altro necessario a prestare il primo soccorso.
>indossare indumenti protettivi contro eventuali lesioni o abrasioni dovute a vegetazione, rocce e quant’altro.
>Indossare calzature adatte al terreno in cui si opera (scarponi)
>Astenersi dall’inoltrarsi in aree scoscese e dalla percorrenza precaria senza prima aver provveduto a mettersi in condizioni di sicurezza (imbragature o corde con operatore che assicura la tenuta, eventuale elmetto per prevenire urti accidentali durante discesa e risalita, ecc.)
>astenersi dall’effettuare ricognizioni in concomitanza con la presenza di animali al pascolo e di cani
>ricognizioni notturne devono essere effettuate solo se strettamente necessarie e con buona illuminazione (torcia) del terreno percorso
>per la manipolazione di elementi biologici sia di domestici sia di selvatici è obbligatorio l’uso di guanti monouso e di mascherina. Gli eventuali campioni vanno sigillati in contenitori a tenuta stagna (barattoli o bustine) e riposti in apposito scomparto dello zaino evitando ogni e qualsiasi contaminazione di cibi, bevande e indumenti
>durante i trasferimenti con auto o con il laboratorio mobile è indispensabile l’adozione di una guida sicura. Va quindi adottata una guida lenta e la percorrenza fuoristrada va accuratamente analizzata evitando assolutamente pendenze laterali che possano superare i 5°. Le attrezzature ed i pesi contenuti all’interno spostano il baricentro del mezzo verso l’alto incrementandone l’instabilità.
>in ogni attività esterna si dovrà sempre tenera la ricetrasmittente accesa sul canale predefinito e mantenersi in contatto sia con la base sia con gli altri ricercatori (in caso di divisione del gruppo)
>non è consentita attività di campagna da soli. Le attività esterne dovranno essere svolte almeno in due persone insieme (il che significa che le due persone non dovranno separarsi per distanze che impediscano la piena visibilità del compagno)
Il RESPONSABILE SUL CAMPO ha il dovere di imporre il rispetto delle norme sopraelencate e si asterrà dall’impartire ordini e incombenze che possano rappresentare pericolo per l’incolumità dei ricercatori e collaboratori.
È vietata qualsiasi attività di campo prima che l’Istituto Assicurativo abbia reso operante l’assicurazione contro gli infortuni.
Il responsabile sul campo provvederà ad annotare sul diario della ricerca qualsiasi evento occorso durante le attività. La mancata segnalazione comporta l’assunzione di responsabilità ulteriori rispetto all’osservanza delle norme di sicurezza.
- INDICAZIONI RELATIVE ALLA SICUREZZA DEGLI OPERATORI
Le seguenti indicazioni ricadono nell’ambito del “buon senso” ma vengono qui esplicitate in quanto sono il presupposto per la buona riuscita delle attività.
–si consiglia sempre di provvedersi di copricapo e di indumenti antistrappo
–è opportuno che i ricercatori e collaboratori portino con sé qualche alimento contro i cali di zuccheri e siano provvisti del pronto soccorso personale.
–è necessario che ciascun operatore comunichi al responsabile sul campo eventuali:
allergie
intolleranze alimentari
farmaci assunti regolarmente
farmaci da assumere al bisogno
intolleranze ai farmaci
eventuali problemi ad effettuare attività all’aperto sotto sforzo.
–il responsabile sul campo comunicherà sempre a chi rimane alla base o al titolare dell’azienda, all’inizio delle attività, destinazioni, percorsi probabili e orario di rientro
Ciascun partecipante alla ricerca sottoscriverà il presente documento restituendolo firmato alla direzione scientifica nazionale.
Prof Giampaolo Pennacchioni
Direttore Scientifico
CSEBA